| Tempi moderni A San Donato intanto la popolazione
        aumentava di numero e di importanza, dando il suo contributo di uomini e di eroi alla
        Grande Guerra, alla Seconda Guerra mondiale e quindi alla Resistenza. Nel dopoguerra San Donato subì una
        trasformazione radicale. Da piccolo paese di contadini e fittavoli, luogo di sosta della
        via Emilia, a sole cinque miglia da Milano, è divenuta unimportante città,
        ufficialmente riconosciuta nel 1976. Linsediamento in questo comune del Centro
        Direzionale dellENI, effettuato nei primi anni cinquanta da Enrico Mattei,
        ha richiamato operai, impiegati e professionisti da ogni regione dItalia e
        dallestero, così che la popolazione è andata progressivamente aumentando, fino a
        raggiungere le attuali 32.000 unità. In questa fase la città, non più subordinata alla
        metropoli lombarda, ma ricca di risorse autonome, sta compiendo un grande sforzo per
        caratterizzarsi nel modo migliore, non soltanto in campo economico e sociale, ma anche
        urbanistico e culturale. Lo stemma della città 
 Lo
        stemma, con il quale, nel novembre 1940, Vittorio Emanuele III blasonava
        il Comune di San Donato, si ispira alle vicende storiche del luogo e si compone di
        uno scudo con fondo azzurro: in alto due spade incrociate, con lelsa in basso, a
        ricordare i fatti darme avvenuti presso San Donato. La figura dello scaglione, in argento,
        divide il campo azzurro in due parti e simboleggia il tetto della chiesa, cioè
        dellantichissima Pieve di San Donato. Sotto lo scaglione un destrochiero (braccio
        destro armato di staffe) si riferisce allimpresa dei monaci cistercensi e al fatto
        che una parte del territorio fu sotto il Comune di Chiaravalle, dove sorge la celebre
        abbazia. Le cinque torri e la corona stanno a
        indicare il riconoscimento di San Donato come città, avvenuta con Decreto del
        Presidente della Repubblica il 30 dicembre 1976. La Risorsa dei Fontanili  Il territorio su cui è sorta e si è
        sviluppata la città di San Donato Milanese, la cui superficie si estende oggi su 12,85
        chilometri quadrati, è costituito da depositi alluvionali ed è caratterizzato dal
        fenomeno dei fontanili, ossia dall'affioramento a livello del terreno delle falde
        acquifere. In pratica San Donato si trova in quelle fascia di confine tra l'alta e la
        bassa pianura lombarda in cui le falde risalgono in superficie creando delle bolle di
        acqua sorgiva naturali "le risorgive", da cui partono canali naturali " i
        fontanili" sfruttati da sempre per l'irrigazione e la creazione di prati umidi
        "le marcite". 
  La particolarità delle acque dei fontanili
        è quella di mantenere una temperatura costante anche d'inverno, intorno ai 10° C,
        impedendo il congelamento e mantenendo i prati verdi e stabili per tutto l'anno. Proprio
        la grande presenza di acqua nel territorio circostante San Donato ha rappresentato la
        condizione ottimale per lo sviluppo di un ambiente agrario straordinariamente fertile, che
        ha connotato tale territorio sino a pochi decenni fa.  Lopera dei
        Monaci  Risale al XII secolo l'avvio di
        quell'importante lavoro di bonifica, avviato dai monaci cistercensi stabilitisi nel 1153 a
        Chiaravalle, che ha profondamente segnato l'ambiente, trasformando in terreni altamente
        produttivi aree un tempo paludose. Lopera dei monaci Cistercensi, e più tardi degli
        Umiliati, consentì dunque di trasformare quella "terra di acquitrini" in sede
        di un'agricoltura intensiva e specializzata, grazie alla creazione e allo sfruttamento di
        una rete di rogge e fontanili per l'irrigazione estesa e grazie anche alla coltura delle
        marcite, un sistema agricolo che, proprio sfruttando l'acqua dei fontanili, permetteva
        continui cicli di produzione, senza soste stagionali. Si tratta infatti di un sistema che
        consente il taglio dell'erba persino nove volte all'anno, garantendo l'ininterrotta
        produzione di foraggio fresco per gli allevamenti bovini. Il territorio di San Donato
        comprende oggi una sola marcita di circa 30 ettari, situata tra l'autostrada Milano-Genova
        e la cascina Bagnolo, che rappresenta un elemento di rilevante interesse naturalistico,
        sottoposto a tutela in quanto testimonianza della storia del paesaggio agrario. Lopera di bonifica proseguì praticamente senza interruzioni nel corso dei secoli
        successivi, giungendo a termine solo nell'Ottocento e destinando il territorio sandonatese
        a uno sfruttamento essenzialmente agricolo.
 
 Il  Parco Agricolo Sud Milano
  L'uso agricolo del territorio prevalse sino a tutta la prima metà del nostro secolo,
        seguito dalla rapida ed estesa industrializzazione degli ultimi decenni. Quasi a voler
        ribadire la tradizione ambientale di quest'area, è stato istituito nel 1990 il Parco
        Agricolo Sud Milano, che comprende 5,3 chilometri quadrati del territorio comunale
        di San Donato Milanese e che ha diverse finalità. La sua istituzione infatti, proprio
        in considerazione della vocazione agricola della cintura milanese persegue in particolare
        due scopi: la tutela paesaggistico ambientale e di equilibrio ecologico dell'intera area
        metropolitana e la salvaguardia e il potenziamento delle attività agricole, connesse alla
        possibilità di fornire ai cittadini luoghi "puliti' e attrezzati da destinare al
        proprio tempo libero. Il Parco Sud si estende al di fuori del nostro territorio
        comunale, comprendendo un'estesa area a semicerchio lungo il perimetro sud della provincia
        di Milano. I valori ambientali dell'area a parco sono quelli caratteristici della
        pianura irrigua milanese, con un'agricoltura intensiva che risale alle prime bonifiche del
        medioevo.
 Le opere di sistemazione agraria, la rete dei canali irrigui, le siepi e i filari si
        affiancano agli elementi naturalistici di maggior pregio, quali le zone di fontanili,
        e le residue zone boschive. Notevoli le presenze architettoniche, tra cui le
        Abbazie di Chiaravalle, Mirasole e Viboldone, i castelli di Tolcinasco e Zibidio, e i
        nuclei rurali delle antiche cascine. Di notevole pregio sono i castelli viscontei di
        Binasco, Cusago e Melegnano oltre a quelli di Cassino Scanasio (XIV sec.), Locate e
        Peschiera (XV), Buccinasco e Macconago (XVI), Rocca Brivio (XVII). Tra le cascine emergono
        i complessi agricoli fortificati di Carpiano, Fagnano, Gudo Visconti, Tolcinasco, Settala,
        Coazzano ed i nuclei rurali di cascina, Resenterio, Selvanesco, Conigo, Cassinetta,
        Bagnolo, Sarmazzano. E inoltre gli antichi cascinali con molini a pale come la C.na
        Bazzanella, la C.na Vione, la C.na di Gudo Gambaredo; le antiche strutture agricole con
        portali turriti come a Dresano, Locate, Zivido; le cascine che presentano evidenti le
        strutture della loro origine monastica come a Colturano, Gaggiano-Vigano, Mediglia,
        Tribiano; gli interessanti esempi di cascine ottocentesche in stile neogotico di Cisliano,
        Rozzano e Zibido. Infine da menzionare sono le ville di campagna di Bareggino, Corbetta,
        Gaggiano, Trenzanesio, Vittuone.
 Sono innumerevoli gli elementi architettonici che, anche se non di pregio assoluto,
        costituiscono tuttavia interessanti testimonianze di archeologia rurale e di cultura
        materiale che andrebbero mantenuti e valorizzati quali memorie storiche del passato
        sistema produttivo.
 
 Il parco sud occupa una superficie totale di circa 46.300 ettari ad uso agricolo: i
        territori agricoli si estendono "a macchia di leopardo" allinterno dei
        confini del parco alternandosi a circa 19.000 ettari di territorio urbanizzato.
 Nel Parco Sud e per tutti i comuni che ne fanno parte, lallevamento di bovini e
        suini è lattività principale (in termini di reddito prodotto) con 305 allevamenti
        ed unarea utilizzata pari al 30% dei territori agricoli del parco.
 La coltura più diffusa nellarea è quella dei cereali (43% del territorio agricolo
        coltivato) a cui seguono il riso (22%) ed il prato (16%). Sono presenti con percentuali
        minori il girasole, la soia, le orticole, le marcite, le floricole, i vivai, i pioppeti e
        le aree boschive.
 Larea del parco si caratterizza come una delle zone di agricoltura più intensiva
        del territorio nazionale.
 Il pregio maggiore dellagricoltura del Parco Sud consiste nella ricchezza della
        tradizione agricola: lirrigazione dei campi a "marcita" (un velo
        dacqua che scorre sui campi e li "scalda" e li protegge anche in inverno),
        luso dellacqua sorgiva dei fontanili (piccole oasi naturali in mezzo
        alla campagna), la capillare canalizzazione che mette in comunicazione rogge e navigli
        rappresentano straordinari segni della trasformazione e della cura del paesaggio agrario.
 La superficie boschiva del Parco agricolo sud Milano è assai ridotta in proporzione
        alla vastità delle coltivazioni esistenti. Sono comunque presenti zone ricche di
        vegetazione lungo gli argini dei fiumi, dei canali, e dei corsi d'acqua ove la fauna trova
        rifugio. Prevalgono le essenze autoctone quali il pioppo bianco, il pioppo nero, il
        salice, l'olmo, il carpino bianco, qualche gelso ancora residuo di un antico modo di
        condurre l'economia agraria, oltre alle querce farnie e agli aceri campestri. Sono
        presenti anche numerosi cespugli di biancospino, sanguinello, prugnolo ed altri ancora.
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